Stai cercando CFP per formazione CTU?
Allora investi qualche minuto per leggere questo articolo 😉 .
Con la Riforma delle professioni, uno dei problemi più ricorrenti per i liberi professionisti è la necessità di ottenere, anno per anno, un certo numero di CFP (Crediti Formativi Professionali).
L’intenzione del Legislatore è ottima: fare in modo che gli iscritti agli Albi Professionali siano continuamente aggiornati .
Personalmente, non sono molto d’accordo sul meccanismo; e confrontandomi quotidianamente con tanti professionisti, ho scoperto che molti pensano che possa essere rielaborato in un modo più efficace.
Uno degli effetti negativi che ha prodotto il meccanismo dei CFP, così come è organizzato attualmente, è la mercificazione della formazione.
Cosa significa?
Beh, sicuramente è capitato anche a te: quando si parla di formazione, tra colleghi, il primo pensiero va al numero di CFP.
“Domani pomeriggio vado al corso XY perché mi danno 3 CFP”
“Vuoi fare questo seminario? Ti danno 5 CFP”.
È così anche per quel che riguarda i CFP per formazione CTU.
In pratica, il meccanismo dei CFP sta portando a due conseguenze:
- l’abitudine a scambiare il proprio tempo, il proprio numero di ore in cambio di un certo numero di CFP, per poter continuare a svolgere la libera professione: una sorta di tassa pagata in ore e non in soldi;
- La tendenza a partecipare ad un corso di formazione più per il numero di CFP che per gli argomenti o per il valore dei contenuti.
Ma in questo modo si rischia di perdere di vista l’obiettivo della formazione:
il miglioramento personale e professionale del corsista.
Si rischia, cioè, di squalificare la formazione da strumento migliorativo a mero scambio commerciale (CFP in cambio di tempo).
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Il meccanismo dei CFP nasce con un fine nobile:
assicurare che tutti gli iscritti agli albi professionali abbiano una formazione continua.
Ma in realtà è proprio così?
Per quello che vedo in giro sta succedendo qualcosa di diverso.
Stiamo assistendo a quelli che io chiamo effetto prigione ed effetto diluizione.
Di cosa parlo?
Effetto prigione.
Come “libero” professionista non sono libero di scegliere come formarmi.
Se sono a corto di CFP, specie a ridosso della fine dell’anno, può succedere che, per gli argomenti di mio interesse, non ci sono eventi formativi in programma e quindi sono costretto a sorbirmi un orribile e inutilissimo seminario sulle “pantegane rosa della foresta del Bembò”.
È una prigione: non solo non sono libero di scegliere, ma sono anche obbligato a trascorrere, in un anno, circa 30 ore in aula, magari a giocare con l’ iPhone, a sonnecchiare, ecc. (capita spesso quando i relatori sono delle emerite schiappe).
È una prigione (bis): sono valutato in base alle ore che passo tra i banchi, non per il valore di quello che conosco e di come sono in grado di applicare il mio sapere.
Effetto diluzione.
Non a casa prima ho parlato di corsisti che sonnecchiano durante i corsi di formazione o che giocano con l’ iPhone.
È normale.
Già gli argomenti possono essere inutili e noiosi (magari i partecipanti ci sono andati solo per i CFP e non sono minimamente interessati agli argomenti).
In più, si aggiunge il fatto che molti relatori sono inadeguati: impreparati nella loro materia e incapaci di parlare in pubblico in modo efficace.
A me è capitato svariate volte:
andare a lezione da uno che ne sa molto meno di me è un paradosso.
È in questo senso che si parla di diluizione: il valore di un CFP è diluito; non corrisponde al valore della formazione ma è più simile ad una merce di scambio in una transazione commerciale.
E qui si apre un altro scenario mica da ridere: la serietà degli Enti di formazione.
Ci sono Enti di formazione molto seri.
Ma ce ne sono altri, guidati da mascalzoni, che ingaggiano relatori, in cambio di pochi spicci, per poi vendere i corsi e i CFP.
Di solito, riconoscerli è abbastanza semplice: sono Enti che trattano di tutto (ed è il motivo per cui è nato il blog peritoinforma)
Perché lo fanno?
Perché non avendo progettato per bene la struttura aziendale, sono in un mare di guai, a livello finanziario: per cui tentano di tirar su due soldi per pagare l’affitto e le spese.
A mio avviso, questo modo di fare è molto svilente per la professione, perché si corre il rischio che il relatore sia il ragazzino di turno; per ragazzino non intendo un quindicenne sbarbato ma un professionista che, magari, non ha piena esperienza di quello che insegna e che è stato messo li solo per “fare “ il corso.
Morale della favola: non sempre CFP fa rima con formazione di alto livello.
Personalmente, quando decido di formarmi su un determinato argomento, cerco di non scegliere mai in base al numero dei CFP.
Il percorso mi deve formare davvero: cerco di capire cosa è meglio per me, dove posso trovare il meglio per me, come lo posso trovare. E poco importa se questo significa pagare di più.
“Non è saggio pagare troppo, ma pagare troppo poco è peggio.
Quando si paga troppo si perde un po’ di denaro , e basta. Ma se si paga troppo poco si rischia di perdere tutto, perché la cosa comperata potrebbe non essere all’altezza delle proprie esigenze.
La legge dell’equilibrio negli scambi non consente di pagare poco e di ricevere molto. È assurdo.
Se si tratta con il più basso offerente sarà prudente aggiungere qualcosa per il rischio che si corre: ma se si fa questo si avrà abbastanza per acquistare qualcosa di meglio” (John Ruskin).
Mi interessa il valore, non il tempo!
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Questo modo di pensare, quello di assegnare valore in base al tempo sta diventando sempre più diffuso.
Stiamo andando (in realtà, ci siamo già dentro) verso un’economia dei risultati.
Una volta si faceva carriera in base all’anzianità. Oggi non è più così: gli avanzamenti di carriera non sono automatici con lo scorrere dell’età.
Ancora oggi, tutto il sistema salariale è imperniato sulle ore trascorse a fare qualcosa.
Ma presto non sarà più cosi: il lavoratore sarà pagato sempre più in base ai risultati (e poco importa se per raggiungere un risultato ci impiegherà 1 ora o 4 ore).
Uno dei pionieri di questa nuova mentalità è il plurimilionario Richard Brandson, che ha introdotto una rivoluzione nelle sue aziende: nessun vincolo d’orario per i dipendenti.
E si va in questa direzione per il semplice fatto che la tecnologia attuale permette di:
- Lavorare in qualunque parte del mondo
- Assumere lavoratori / collaboratori in qualunque parte del mondo
- Lavorare in team i cui componenti sono sparsi in giro per il mondo.
Che ci piaccia o meno la direzione è quella.
Sta a noi adeguarci o meno.
Per questo credo che il sistema dei CFP così come è oggi non vada bene, perché non è stimolante e sta diventando anacronistico.
Ed è per questo che, pur avendo ricevuto alcune offerte di collaborazione da Enti di formazione, preferisco proporre la mia Guida PeritoInForma senza abbinarla ai CFP: non voglio “sporcarla “ in alcun modo accostandola ad altri percorsi di formazione di dubbi utilità e valore.
Non mi importa se altri propongono CFP per formazione CTU.
Tanto la mia Guida PeritoInForma è parecchio differente dai loro corsi e tratta molti più argomenti (tra gli altri, la conciliazione, la gestione della privacy, il ruolo del CTP, ecc.)
Tutto questo finché non incontrerò un Ente di Formazione serio, con percorsi formativi altrettanto seri e di valore.
In conclusione, dunque, sta bene attento a scegliere: o ti affidi a percorsi di formazione realmente di valore, oppure ti accodi a quello che fanno gli altri; fai corsi tanto per raggiungere il numero di CFP necessari.
Ma chi segue gli altri non arriva mai primo…
e se fai parte del gregge…
…sei uguale agli altri…e non potrai distinguerti agli occhi dei clienti.
…e che sia un’ottima consulenza.
Michele Dimonte
PeritoInforma TM– La Guida Pratica per Consulenti Tecnici Giudiziari