Qualche giorno fa ho pubblicato un articolo su tutto quello che c’è dietro un tentativo di conciliazione (lo trovi a questo link).
Nell’articolo parlavo di alcuni errori che si commettono prima e durante i tentativi di conciliazione; inoltre, avevo accennato ad un’altra problematica che non potevo trattare in quel momento, in quanto molto grande e tale da meritare un approfondimento specifico.
Parlavo del fatto che molti CTU conciliatori sono, istintivamente, portati a credere che la conciliazione non sia possibile per una serie di motivi, tutti riconducibili a…3 scemenze!
Quali sono queste 3 scemenze?
- ritenersi non in grado di portare avanti la trattativa;
- ritenere che le posizioni delle parti siano inconciliabili;
- farsi spaventare dal fatto che le parti sono troppo aggressive e poco propense al dialogo.
Avevo scritto che a breve avrei approfondito ognuno di questi punti.
Bene, è arrivato il momento di farlo!
In questo articolo parlerò della scemenza n° 1:
non ci riteniamo in grado di portare avanti un tentativo di conciliazione e di guidare le parti in causa all’accordo.
Perché è una scemenza?
Da dove nasce questa convinzione?
Beh, questa convinzione nasce, innanzitutto, dall’opinione diffusa che per fare certe cose bisogna essere un po’ paraculo, un po’ figo, avere la parlantina, ecc.
Tutte “qualità” che, nell’immaginario collettivo, sono appannaggio di quelle persone che hanno a che fare tutti i giorni con qualcuno da convincere, ad esempio i venditori.
I venditori, da sempre, appartengono all’immaginario collettivo delle persone che vogliono spingere per farti acquistare qualcosa.
Ma non è proprio così.
E’ vero, ci sono molti venditori che fanno questo…ma sono i venditori dilettanti, che non avendo altro, si buttano su questi mezzucci da due soldi.
Ma ce ne sono tanti altri che sono dei veri venditori professionali.
Il vero venditore professionale ti guida nell’acquisto solo quando è certo che quell’acquisto sia vantaggioso per te, perché prima di “tentare” di venderti qualcosa ha fatto un’analisi della tua situazione, dei tuoi bisogni, ecc.
Ora, sei fai un parallelo con il tentativo di conciliazione, scoprirai che è la stessa e identica cosa: anziché “vendere” qualcosa, noi conciliatori dobbiamo “proporre” qualcosa, un accordo, appunto.
E se, prima di proporre qualcosa, abbiamo fatto un’analisi della situazione, dei bisogni delle parti da conciliare, partiamo da una situazione di netto vantaggio e a quel punto non abbiamo più bisogno di quelle “qualità”: avere la parlantina, fare il paraculo, ecc…
E nemmeno siamo così piatti da proporre la solita frase “potete mettervi d’accordo?” (della cui efficacia, pari a 0, ne parlo in questo articolo).
Legata a questa errata convinzione è la percezione che stai portando avanti una sorta di “truffa” nei riguardi delle parti che dovresti far accordare.
In che senso?
Nel senso che sei intimamente convinto che l’accordo non sia possibile, perché almeno una delle parti sarebbe fortemente svantaggiata e, quindi, spingere l’accordo ti sembra un modo di truffare le persone solo per ottenere il tuo tornaconto (ossia portare a termine la conciliazione e meritarsi un’estrema considerazione del Giudice per i prossimi incarichi).
Non è così! Non è per niente così!
Truffa è quando sottoponi qualcuno a un raggiro, un artificio, ecc.
Nel nostro caso, staresti truffando se (faccio un esempio estremo) usassi l’ipnosi per convincere a conciliare una persona (o più persone) fortemente svantaggiata dall’accordo e non te ne importasse un fico secco, perché il tuo unico scopo è portare a termine la trattativa.
Nel 90% dei casi, invece, c’è sempre modo di chiudere un accordo che sia vantaggioso per tutti.
Basta solo riflettere meglio sul significato del termine “vantaggioso”.
Per vantaggioso non si intende un guadagno immediato o un vantaggio immediato o un risparmio immediato; ma si intende anche un guadagno (o più guadagni) , un vantaggio (o più vantaggi) indiretto, cioè conseguente all’accordo, oppure futuro.
Si potrebbero fare decine e decine di esempi di vantaggi per le parti che decidono di arrivare all’accordo: pensa, ad esempio, al fatto di dover risparmiare le successive spese processuali, al vantaggio di non dover più dedicare tempo ed energie alla vicenda, al fatto di non doversi sorbire le ansie e i disagi del processo, ecc. ecc.
Di questi fattori ce ne sono tantissimi!
Per cui, tranne che in rari casi, è sempre possibile un accordo che è vantaggioso per tutti, nel senso che ci sono basi oggettive su cui intavolare la trattativa.
Che poi vada a buon fine o meno è un altro discorso, ma almeno togliti dalla testa che se si arriva all’accordo almeno una delle parti ci perderà qualcosa.
Un altro motivo per il quale non ci riteniamo all’altezza della situazione è il fatto che abbiamo poca fiducia in noi stessi.
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Questo può derivare da tantissimi fattori, quali: esperienze di vita, accadimenti, convinzioni, ecc.
Non è questo il luogo più adatto per parlare di questi argomenti; ma se ti fai un giro in Internet, troverai quintali di risorse motivazionali gratuite (se conosci l’inglese meglio ancora!) che ti aiutano a fare chiarezza su te stesso, a tirar fuori il meglio di te e quindi, di conseguenza, anche a far accrescere la fiducia in te stesso.
Tutto questo guardando la questione dal “tuo lato”.
Se ti sposti un attimo “dall’altra parte”, ti posso garantire che le altre persone ti vedono in maniera molto diversa da come ti vedi tu.
Nel caso delle CTU, agli occhi delle parti, tu sei quello che sta cercando di costruire un accordo: ai loro occhi, sei tu il professionista, sei tu la persona esperta!
Per cui parti da una situazione di netto vantaggio.
E se la alimenti un attimo, mostrandoti con un atteggiamento serio, rigoroso, pacato, professionale, e sei sinceramente animato dalla voglia di aiutarli, lo percepiranno immediatamente; quindi, ti daranno ancor più fiducia. Questo alimenterà la tua fiducia interna e, di conseguenza, ti mostrerai ancora più sicuro, ancora più professionale ecc., e si innescherà un circolo virtuoso.
C’è ancora un altro motivo per cui, spesso, ci riteniamo non in grado di portare avanti una trattativa di conciliazione: non abbiamo l’abitudine a trovare soluzioni alternative perché ci concentriamo sui numeri della vicenda e solo su quelli.
Ma questi numeri sono aridi!
Dovremmo, invece, sforzarci di pensare che, dietro quella lite, in realtà c’è un universo di possibilità d’accordo e che noi vediamo solo la punta dell’iceberg.
Potrei continuare ancora a lungo ad indicarti altri motivi per cui è una scemenza il fatto di non ritenersi in grado di portare avanti una trattativa di conciliazione, ma credo che già questi siano sufficienti per toglierti dalla testa questa convenzione: hai già tutto quello che ti serve per portare avanti la trattativa; per cui, la prossima volta che te ne capita una, dacci dentro. Se, poi, vuoi fare le cose in maniera ottimizzata, vuoi scoprire come organizzare il tentativo di conciliazione in modo da massimizzare le probabilità di riuscita, allora puoi dare uno sguardo alla guida PeritoInForma TM.
…e che sia un’ottima consulenza.
Michele Dimonte
PeritoInforma TM– La Guida Pratica per Consulenti Tecnici Giudiziari
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